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Monday, November 13, 2006

Concorrenza fra Ulivo e Governo

Roma, 7 nov. (Apcom) - Possibilità di ingressi per 'ricerca di lavoro', permessi più lunghi, ripristino di un fondo per l'integrazione e di una commissione contro le discriminazioni. Sono alcuni dei punti centrali di un disegno di legge sull'immigrazione presentato dai senatori dell'Ulivo e illustrato oggi in una conferenza stampa dal capogruppo Anna Finocchiaro insieme con Massimo Livi Bacci, Tiziano Treu e Luigi Zanda.
Un ddl che, spiegano, non è un'abrogazione della Bossi-Fini, anche se "molte cose di quella legge vengono scartate". La proposta, d'altra parte, non interviene su tutto l'impianto della legge sull'immigrazione ma solo su quattro aspetti: ingressi nel Paese, permessi di soggiorno, regolarizzazioni e politiche per l'integrazione. "Noi la consideriamo una buona base di discussione" ha spiegato Anna Finocchiaro, sottolineando che il provvedimento si basa su un "ragionamento illuministico", ossia "su analisi, dati e studi relativi anche ad altri paesi europei". Obiettivo: evitare che l'approccio al fenomeno venga "schiacciato" da una parte "dalla paura" e dall'altra dalla semplice "constatazione che è una conseguenza dell'immigrazione e della povertà".
Ma come mai il gruppo dell'Ulivo presenta questo ddl mentre il governo si accinge a varare un proprio provvedimento in materia? Anna Finocchiaro ci ha tenuto a sottolineare che non è in atto alcuna rincorsa e con una battuta ha spiegato: "Ci pagate anche per questo". Poi ha aggiunto: "La maggioranza al Senato finisce spesso sui giornali per i numeri risicati di cui dispone. Ma noi non siamo qui tre volte a settimana soltanto per premere un bottone o dire sì davanti ai banchi della presidenza. Disponiamo di grandi personalità e vogliamo mettere a frutto loro e i nostri stipnedi". Tra l'altro, ha sottolineato, "è un'iniziativa del gruppo ma ne abbiamo parlato anche con i ministri Ferrero e Amato che lo hanno considerato un contributo interessante".
Ad entrare più nel merito di ciò che è previsto nel provvedimento è stato il senatore Massimo Livi Bacci che ha messo l'accento sulla necessità di "avere più canali di ingresso per favorire l'incontro di domanda e offerta" ed evitare che si alimenti il sommerso. "La Bossi-Fini - ha spiegato - permette ingressi tramite 'chiamata'. Questo è un meccanismo che viene mantenuto, ma non può essere una via esclusiva perché molte delle offerte di lavoro richiedono che ci sia un incontro tra il datore e il prestatore d'opera".
Anche da qui nasce l'ipotesi di creare permessi di ingresso 'per ricerca di lavoro' "mediante prestazione di adeguata garanzia da parte di istituzioni appositamente autorizzate" (ossia degli 'sponsor' come per esempio sindacati o associazioni), oltre che "mediante prestazione di garanzia di natura monetaria" (una sorta di autosponsorizzazione).
Viene poi prevista un'estensione della durata dei permessi di soggiorno che passa a due anni per i lavori a tempo determinato e a tre per quelli a tempo indeterminato.
Il ddl introduce inoltre "forme articolate di regolarizzazione" come per esmpio "permessi premiali per quegli stranieri che aiutano concretamente le autorità a individuare autori di reati connessi con l'organizzazione dell'immigrazione clandestina".
Infine si prevedono "politiche per l'integrazione". Tra queste, l'istituzione di un Fondo i cui costi saranno sostenuti da Stato, datori di lavoro, lavoratori, donazioni.

Discussione mozioni in Senato 26 ottobre

Discussione delle mozioni n. 35, 42 e 43 sui flussi migratori
Ritiro della mozione n. 43 e dell'ordine del giorno G1. Approvazione della mozione n. 42. Reiezione della mozione n. 35 (testo 2)
PRESIDENTE. Ricorda che a ciascun Gruppo sono attribuiti quindici minuti, comprensivi di illustrazione, discussione generale e dichiarazioni di voto.
VALDITARA (AN). Illustra la mozione n. 35, ponendo l'accento sul carattere improvvisato, irresponsabile e demagogico della politica sull'immigrazione del centrosinistra, che lavora la costruzione di una società priva di identità e di valori di riferimento. Le numerose iniziative del Ministro della solidarietà sociale incoraggiano l'ingresso di clandestini e legittimano l'illegalità; la proposta del Ministro dell'interno di incentivare il rimpatrio autonomo degli immigrati è sconcertante a fronte della mancanza di risorse finanziarie da destinare alle Forze dell'ordine e alla costruzione dei Centri di permanenza temporanei. La valenza programmatoria del decreto flussi è stata stravolta dall'attuale Governo, che sta utilizzando questo strumento per realizzare una sanatoria, a prescindere dalle possibilità di integrazione e dalle esigenze produttive del Paese. Un Esecutivo che aggira la legge, chiede alla polizia di frontiera un atteggiamento tollerante e interrompe il collegamento tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, pone le premesse per la creazione di sacche di disagio, di emarginazione e di illegalità. (Applausi dai Gruppi AN e FI).
LIVI BACCI (Ulivo). Nella società italiana del XXI secolo l'immigrazione costituisce una necessità strutturale per ragioni demografiche, per la configurazione del tessuto produttivo, richiedente manodopera a basso costo, per le carenze del welfare che fanno lievitare la domanda di lavoro domestico. Il centrodestra ha varato una normativa lesiva dei diritti della persona, onerosa per la pubblica amministrazione e inefficiente, che finisce per stimolare gli ingressi clandestini e rende inevitabili successivi provvedimenti di regolarizzazione. Questo circolo vizioso di inefficienza e irregolarità è stato prodotto e alimentato in un quadro complessivo di indebolimento delle garanzie e di colpevole disinteresse per i processi di integrazione. Nell'illustrare la mozione n. 42, ricorda che il fenomeno dell'immigrazione, che contribuisce allo sviluppo e al benessere dell'Italia, deve essere governato e incanalato sui binari della legalità. L'azione del Governo deve perciò mirare ad una programmazione realistica dei flussi di ingresso, ad una pluralità di vie di accesso legale, ad una durata maggiore del permesso di soggiorno, a processi di integrazione e ad accordi bilaterali e multilaterali con i Paesi d'origine. (Applausi dal Gruppo Ulivo e della senatrice Gaggio).
GALLI (LNP). Illustra la mozione n. 43. Il Governo dovrebbe profondamente ripensare il decreto flussi integrativo, una sanatoria che, operando in senso opposto alla legge Bossi-Fini, finisce coll'interessare ben 350.000 clandestini, adotta un orientamento difforme da quello comune ai maggiori Paesi europei, compresi quelli governati dalla sinistra, e pone seri problemi di sicurezza, determinando al contempo alti costi sociali. La proposta di concedere la cittadinanza agli immigrati dopo soli cinque anni appare funzionale alla perdita di consensi della maggioranza presso gli italiani e risponde, in particolare, al progetto politico di contrastare la notevole affermazione della Lega nel Nord del Paese. L'insieme delle sconsiderate proposte dell'attuale Governo produrrà nell'arco di pochi anni mutamenti radicali della composizione della società, stante l'invecchiamento progressivo della popolazione italiana e l'alto tasso di nascite nelle famiglie di origine extracomunitaria, anche islamica. La dissennata politica del Governo non potrà che produrre l'irreversibile implosione del Paese. (Applausi dei senatori Amato e Quagliariello. Congratulazioni).
PRESIDENTE. Dichiara aperta la discussione sulle mozioni.
SARO (DC-PRI-IND-MPA). Il decreto sui flussi migratori del Governo Prodi è una sanatoria mascherata, in pieno contrasto con le molto meno tolleranti linee di tendenza europee. Nonostante l'immigrazione e la sicurezza siano preoccupazioni condivise dalla maggioranza dell'elettorato di centrosinistra, prevale ancora una volta la forma perversa di solidarismo propria della sinistra radicale, che non si cura minimamente della sostenibilità delle iniziative ideologiche che propugna. Si tace volutamente sugli interessi economici, spesso di matrice criminale, sottesi ai traffici di vite umane, i quali, come nel caso delle badanti, costituiscono fonte di lucro per cooperative di servizi, talvolta legate alla Lega delle cooperative. La maggioranza si è dimostrata assai sensibile al problema del disagio abitativo, ma non fa nulla per evitare che entrino nel Paese centinaia di migliaia di indigenti che non hanno un alloggio. La contemporanea introduzione del decreto flussi integrativo, dell'ampliamento delle possibilità di ricongiungimento familiare e del taglio dei fondi per la sicurezza produrrà effetti ad alto rischio, lasciando il fenomeno immigratorio del tutto ingovernato e dimostrando che l'attuale maggioranza ha del tutto rinunciato ad impegnarsi per favorire la reale integrazione degli immigrati. (Applausi dal Gruppo DC-PRI-IND-MPA, FI, UDC e AN. Congratulazioni).
ROSSI Fernando (IU-Verdi-Com). Il contenuto delle mozioni dell'opposizione oggi in discussione evidenzia un orientamento vessatorio nei confronti degli immigrati e propone misure di dubbia costituzionalità sul terreno dei diritti umani. L'azione dell'Esecutivo in carica è coerente con gli obiettivi tratteggiati nella risoluzione del Consiglio di Europa del 3 ottobre scorso ed affronta la complessa questione dell'immigrazione con la necessaria ragionevolezza e solidarietà, guardando concretamente alla situazione in essere. Il Governo dovrà procedere al definitivo accantonamento della legge Bossi-Fini, mirando a produrre un testo moderno che non si preoccupi di cercare il consenso delle componenti moderate del Paese ma affronti con il necessario pragmatismo il fenomeno migratorio. Occorre però adottare comportamenti politici coerenti anche sul piano internazionale, diversamente da quanto fatto dal precedente Governo che ha tradito le solenni promesse di incremento di risorse destinate allo sviluppo delle aree più povere del mondo, non ha fatto nulla contro la progressiva devastazione delle risorse biologiche mondiali che sta aggravando questo stato di arretratezza ed anzi ha avallato la guerra aperta dagli Stati Uniti, che sta aggravando i fenomeni migratori e ampliando il numero di coloro che chiedono asilo politico. (Applausi dal Gruppo IU-Verdi-Com).
MAFFIOLI (UDC). L'UDC è disponibile a votare una mozione sottoscritta da tutti i Gruppi di opposizione ed evidenzia che i provvedimenti adottati e le intenzioni manifestate dal Governo sulla politica dell'immigrazione si sono dimostrati frammentari e hanno determinato una grave situazione di incertezza. Il decreto flussi è nei fatti una sanatoria che lede le prerogative del Parlamento, in quanto viola la normativa vigente attraverso uno strumento di tipo amministrativo; inoltre scardina il principio informatore della normativa europea, cioè il collegamento tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno e determina una grave alterazione nei proficui rapporti di collaborazione avviati con i Paesi di origine. Il Governo dovrebbe invece garantire l'applicazione della legge Bossi-Fini, eventualmente rivedendone gli aspetti meritevoli di correzione, ed assicurare il massimo impegno nel contrasto dell'immigrazione clandestina. (Applausi dal Gruppo UDC e del senatore Amato. Congratulazioni).
GAGGIO (RC-SE). L'opinione pubblica proietta sugli immigrati esigenze contraddittorie che spesso coesistono negli stessi individui: per esempio, la preoccupazione per i rischi che l'immigrazione rappresenta per la sicurezza e l'identità spesso è forte in quelle persone che dalla condizione di clandestinità degli immigrati ricavano i più alti vantaggi, sia attraverso la locazione di immobili fatiscenti a prezzi esorbitanti, sia attraverso lo sfruttamento del lavoro illegale. Viene in tal modo espressa una visione pericolosa, che produce corruzione del tessuto morale della società, in quanto pretende il rispetto della legalità solo per i più deboli mentre assicura l'impunità ai potenti. Al contrario, la sicurezza non può essere disgiunta dall'impegno a tutela dei diritti degli immigrati, che rappresentano un arricchimento dell'intera società e per questo va sostenuto il lavoro delle associazioni impegnate in tale ambito. (Applausi dai Gruppi RC-SE, IU-Verdi-Com e Ulivo. Congratulazioni).
QUAGLIARIELLO (FI). Presenta l'ordine del giorno G1. (v. Allegato A). Il dibattito sulla politica dell'immigrazione non può prescindere dall'esigenza di elaborare nuovi approcci al problema, in considerazione del fallimento epocale sia del multiculturalismo inglese sia del laicismo francese, sanciti in modo clamoroso dalla vicenda dei giovani kamikaze di Londra e dalla rivolta delle banlieues in Francia. Pertanto, pur senza demonizzare il fenomeno immigratorio e comunque apprezzando lo sforzo di ripensamento di alcuni settori della maggioranza, desta preoccupazione la politica del Governo orientata in senso contrario rispetto agli indirizzi restrittivi assunti dai Governi socialisti inglese e spagnolo. L'ampia sanatoria realizzata con il decreto flussi, una sbagliata politica del ricongiungimento familiare, che potrebbe peggiorare la condizione delle donne, e una visione della cittadinanza che prescinde dall'attivazione di strumenti di integrazione rischiano di determinare un'emergenza che potrebbe precludere l'elaborazione di un'originale politica dell'immigrazione, che verrebbe travolta da una virulenta contrapposizione rispetto alla quale resterebbero in campo solo le opposte ed inadeguate scelte del lassismo e della xenofobia. (Applausi dai Gruppi FI e AN).

PRESIDENTE. Dichiara chiusa la discussione.

ALBERTI CASELLATI (FI). Chiede una breve sospensione per consentire l'unificazione dei testi proposti dai Gruppi di opposizione.

PRESIDENTE. Accoglie la richiesta e sospende brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle ore 11,38, è ripresa alle ore 12,13.

Presidenza del vice presidente CAPRILI

RONCHI (Ulivo). L'eccessivo protrarsi della sospensione rischia di comprimere lo svolgimento degli altri punti all'ordine del giorno.
PRESIDENTE. Comunica che è stato presentato un nuovo testo della mozione n. 35 (v. Allegato A) e che sono stati ritirati la mozione n. 43 e l'ordine del giorno G1.

BOCCIA Antonio (Ulivo). Sarebbe opportuna un'ulteriore breve sospensione in considerazione della presentazione del nuovo testo.

LUCIDI, sottosegretario di Stato per l'interno. Chiede una breve sospensione per valutare il testo della mozione.

La seduta, sospesa alle ore 12,16, è ripresa alle ore 12,30.
LUCIDI, sottosegretario di Stato per l'interno. Muovendo da una concreta analisi del fenomeno dell'immigrazione, l'Esecutivo ha riscontrato le criticità della legislazione vigente. Infatti l'attuale impianto normativo, ispirato ad un maggior rigore nel fronteggiare l'immigrazione clandestina, si è rivelato inattuabile o inefficace, con particolare riguardo all'introduzione del cosiddetto contratto di soggiorno per la durata della permanenza sul territorio o alle misure di espulsione. La normativa inoltre offre una lettura parziale del fenomeno, sottovalutando il ruolo svolto dai lavoratori immigrati, che rappresentano una risorsa fondamentale per le imprese e le famiglie. Data la complessità del fenomeno e la sua continua evoluzione, si impongono pertanto interventi correttivi urgenti. Il secondo decreto flussi è stato adottato nel rispetto della legislazione vigente e nell'intento di favorire l'immigrazione regolare: si è tenuto infatti conto dell'alto numero delle domande presentate all'inizio dell'anno e della richiesta pervenuta dalle associazioni dei datori lavori di soddisfare le esigenze occupazionali effettive. Con riguardo alle mozioni, il Governo ritiene condivisibile quella presentata dalla maggioranza mentre manifesta contrarietà a quella dell'opposizione, pur ritenendo sostanzialmente condivisibili alcuni aspetti del dispositivo, in quanto lontana dall'impostazione politica dell'Unione in materia di immigrazione.(Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, e IU-Verdi-Com).
Saluto al Ministro della giustizia
e ad una delegazione della Repubblica di Capo Verde
PRESIDENTE. Rivolge il saluto dell'Assemblea al Ministro della giustizia della Repubblica di Capo Verde, dottor José Manuel Andrade, accompagnato da una delegazione guidata dall'ambasciatore presso la Repubblica italiana, dottor José Eduardo Barbosa. (Generali applausi).
Ripresa della discussione delle mozioni nn. 35, 42 e 43sui flussi migratori
PRESIDENTE. Passa alla votazione delle mozioni.
NEGRI (Aut). Il Gruppo per le Autonomie voterà a favore della mozione di maggioranza che coglie la sfida per il futuro rappresentata dal fenomeno dell'immigrazione. Sono in corso profondi mutamenti nei flussi migratori con cui occorrerà confrontarsi, innanzi tutto per cogliere le opportunità offerte dall'ingresso in Europa occidentale di giovani dotati sul piano culturale e scientifico. Anche per questo occorrerà dotarsi di strumenti normativi più raffinati rispetto a quelli individuati nella Bossi-Fini, risultati del tutto inefficaci per arginare l'immigrazione clandestina, nonché favorire una politica oculata dei ricongiungimenti che possono determinare stabilità e integrazione. (Applausi dal Gruppo Ulivo).

Presidenza del presidente MARINI
NARDINI (RC-SE). Il fenomeno immigratorio fornisce un fondamentale apporto all'Europa, quindi anche all'Italia, in termini di crescita demografica e di manodopera, di cui risulta una forte richiesta. Ne deriva pertanto l'esigenza di individuare modelli di convivenza fondati non sulla repressione o sull'integrazione forzata ma sui paradigmi dell'accoglienza, della solidarietà e della tutela dei diritti. La scelta di riaprire i flussi di ingresso operata con decreto rappresenta un atto di realismo e di responsabilità nei confronti di lavoratori già presenti sul territorio ed è teso peraltro a soddisfare le esigenze manifestate da datori di lavoro. La mozione dell'opposizione muove da una considerazione riduttiva e irrealistica del fenomeno, a conferma del prevalere nel centrodestra di barriere di tipo ideologico. (Applausi dai Gruppi RC-SE, Ulivo e IU-Verdi-Com. Congratulazioni).
FRANCO Paolo (LNP). La Lega Nord voterà a favore della mozione unitaria del centrodestra. Il dibattito è stato interessante, ma, stante la convivenza all'interno della maggioranza di posizioni differenti, le affermazioni del Governo in tema di politica dell'immigrazione sono state elusive, insufficienti, addirittura omissive rispetto ai centri di permanenza temporanea. Sul coinvolgimento dell'Europa, sulle misure contro gli scafisti, sulle iniziative diplomatiche rispetto alla Libia, il Governo si è limitato a dichiarazioni di principio, senza assumere posizioni conseguenti. L'annunciata volontà di varare una legge permissiva sull'acquisizione della cittadinanza e di regolare i flussi migratori in base alle domande degli immigrati, anziché alle richieste delle imprese, è estremamente pericolosa perché genera speranze di accoglienza indiscriminata e alimenta i viaggi della morte e lo sfruttamento schiavista. (Applausi dai Gruppi LNP e FI).
BUTTIGLIONE (UDC). L'UDC si è adoperata per una mozione unitaria dell'opposizione, contenente indirizzi capaci di ottenere il consenso del Governo. All'interno di una maggioranza precari (che dovrebbe quindi essere interessata a ricercare convergenze) sono prevalse però le ragioni di quanti rivendicano un'autosufficienza blindata perché temono che il dialogo con il centrodestra renda marginali le posizioni ideologiche e minoritarie presenti nel centrosinistra. Il fenomeno dell'immigrazione chiama in causa il destino dell'identità nazionale, con le sue radici umanistiche e cristiane, e i flussi non possono essere regolati in base alle esigenze del mercato del lavoro, perché gli immigrati sono persone, dotate di diritti e di doveri. L'ottimismo con cui si sostiene la prospettiva di una società multiculturale non è condivisibile e il problema della fame nel mondo non può risolversi con l'apertura indiscriminata delle frontiere. Il principale punto dolente è rappresentato dall'assenza di una politica europea, che preclude iniziative incisive nei confronti dei Paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo: a legislazione vigente sarebbe possibile condividere a livello comunitario le competenze sull'immigrazione, ma il Governo, che sembra privo di un progetto, non ha assunto alcun impegno in proposito. (Applausi dai Gruppi UDC, FI e AN).
BULGARELLI (IU-Verdi-Com). I Verdi e i Comunisti italiani voteranno a favore della mozione del centrosinistra. Il dibattito è stato interessante ed il sottosegretario Lucidi ha espresso indirizzi condivisibili, tuttavia è mancato l'ancoraggio concreto a un iniziativa legislativa innovativa rispetto alle politiche del passato. Importante è inoltre una forte discontinuità rispetto alla politica estera del precedente Governo, poiché anche il fenomeno migratorio va inquadrato sullo sfondo della guerra globale permanente. Il decreto sui flussi ha tamponato l'emergenza, ma a tutt'oggi non si è intervenuti sulla legislazione sul diritto d'asilo, sul diritto di voto e sulla cittadinanza degli immigrati. Il governo dei flussi migratori richiederebbe l'istituzione di un apposito Ministero oltre che di una coerente politica europea. (Applausi dal Gruppo IU-Verdi-Com).
MANTOVANO (AN). L'attuale Governo non ha presentato alcuna proposta di legge alternativa alla Bossi-Fini perché è lacerato da contrasti interni, che si palesano negli orientamenti antitetici del ministro Ferrero e del ministro Amato. In assenza di un accordo, si tenta di aggirare la legge con singoli provvedimenti amministrativi, ma il sovvertimento del sistema vigente trasmette un messaggio lassista alla criminalità organizzata che sfrutta l'immigrazione clandestina. In controtendenza rispetto ai Governi europei di sinistra, l'Esecutivo italiano sta riducendo i posti nei CPT, sta rinunciando ai rimpatri e sta praticando sanatorie che moltiplicano gli arrivi dei clandestini. Su questo terreno pesa la pregiudiziale ideologica della sinistra radicale e dei new global che nel migrante scorgono il nuovo profilo del proletario e che sperano di ottenere un vantaggio elettorale dalla legge sulla cittadinanza. Il Governo dovrebbe abbandonare queste posizioni classiste e condividere gli orientamenti ragionevoli suggeriti dall'opposizione. (Applausi dai Gruppi AN e FI).
ALBERTI CASELLATI (FI). Il Gruppo sosterrà la mozione 35 (testo 2), avendo ormai preso atto dell'incapacità di perseguire efficaci politiche di contenimento conformi con l'orientamento europeo da parte di un Governo che ha deciso piuttosto di procedere all'indistinto accoglimento di tutte le proposte di regolarizzazione presentate. L'Esecutivo non sembra preoccuparsi affatto degli effetti sulla società civile italiana dello squilibrio esistente tra immigrazione ed integrazione e finisce per limitarsi a legittimare la clandestinità. La decisione assunta dal Comune di Padova erigere un muro per isolare una comunità di immigrati simboleggia efficacemente il comportamento omissivo e l'assenza di propositività del centrosinistra che non intende dare ascolto alle sempre più pressanti richieste della popolazione di coniugare il principio di solidarietà con la legalità e la sicurezza pubblica, risultato che si può ottenere solo garantendo all'immigrato un lavoro, una casa e la dignità personale. (Applausi dal Gruppo FI. Congratulazioni).
ZANDA (Ulivo). Confermando il voto favorevole dell'Ulivo sulla mozione n. 42, informa che consegnerà il suo intervento scritto agli Uffici di Segreteria e che si limiterà a svolgere brevi considerazioni. Il grado di efficacia delle politiche adottate sui flussi migratori di un Paese europeo in un contesto globalizzato appare direttamente correlata, non alla severità di disposizioni limitative o ad un efficiente sistema di centri di accogliente temporanea, ma alle iniziative poste in essere assieme alle altre Nazioni in accordo con i Paesi del Terzo e Quarto mondo. In tale ambito ricorda tuttavia che alla meritoria politica del Governo Berlusconi, volta a riallacciare un dialogo con i Paesi africani, ha fatto seguito solo il raddoppio del contributo per la cooperazione per il 2007 inserito in finanziaria dal Governo Prodi. Le considerazioni politiche contenute nella mozione del centrodestra hanno reso impossibile determinare l'auspicabile convergenza tra le forze politiche di maggioranza ed opposizione, ma sarebbe necessario porre in essere uno sforzo complessivo ogniqualvolta si addivenga ad esaminare in Parlamento questioni di interesse globale. (Applausi dai Gruppi Ulivo, IU-Verdi-Com e RC-SE).

Con votazione elettronica senza registrazione dei nomi disposta dal Presidente, il Senato respinge la mozione n. 35 (testo 2). (Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, IU-Verdi-Com, Aut, Misto-IdV e Misto-Pop-Udeur. Nel corso della votazione numerose e vivaci proteste dai banchi della maggioranza e dell'opposizione in ordine allo svolgimento delle operazioni di voto. Ripetuti richiami del Presidente).

FORMISANO (Misto-IdV). Chiede al Presidente di esigere che, in fase di votazione, i senatori restino seduti ai propri banchi.

STORACE (AN). Considera inaccettabile che senatori della maggioranza si rechino innanzi ai banchi dell'opposizione, come appena avvenuto, per rivolgere minacce e che altri si sostituiscano coattivamente ai senatori Segretari nella funzione di controllo. (Applausi dai Gruppi AN e FI. Proteste e applausi ironici dai banchi della maggioranza).

PROCACCI (Ulivo). Fatto salvo il principio che i senatori devono rimanere seduti al proprio banco nel corso delle votazioni, propone che un senatore della maggioranza ed uno dell'opposizione indichino ai senatori Segretari le presunte irregolarità da verificare.

TIBALDI (IU-Verdi-Com). Gli assistenti parlamentari, su incarico della Presidenza, dovrebbero estrarre dai rilevatori le schede dei senatori assenti. (Applausi ironici del senatore Calderoli).

PRESIDENTE. I senatori Segretari hanno la facoltà di agire in tal senso. La Presidenza intende individuare gli strumenti adatti per garantire il corretto e sereno svolgimento delle votazioni.

Con votazione elettronica senza registrazione dei nomi disposta dal Presidente, il Senato approva la mozione n. 42.

Thursday, November 09, 2006

dibattito su modifiche cittadinanza 1 Comm Camera, da novembre 06 a febbraio 07

Nota del compilatore: il dibattito sulle modifiche alla normativa sulla cittadinanza, iniziato lentamente fin dall'estate 2006, è stato di fatto sospeso il 13 novembre per l'incombere della Legge Finanziaria.
Nei tre mesi successivi, il relatore Bressa ha predisposto un testo unificato delle diciassette proposte, che nel frattempo erano diventate 18 per l'aggiunta della proposta De Corato.
Va ricordato che l'esercizio di riforma è insidiato da due pericolose ambiguità:
1) la vigente normativa sulla cittadinanza italiana NON è fondata esclusivamente sulla legge n. 92 del 1881, ma in buona parte sulla preesistente legge del 1912, che la seconda ha recepito senza dichiararlo esplicitamente e lasciando aperta la strada per equivoci e paradossi;
2) la normativa in questione confonde, forse deliberatamente, questioni relative all'acquisto della cittadinanza italiana da parte di stranieri immigrati e residenti in Italia (quelle che più interessano la politica e i mass media), e questioni relative ai discendenti di italiani che, essendo stabilmente residenti all'estero e muniti di cittadinanza straniera per nascita e spesso anche per discendenza (discendenti dalla seconda generazione in su), di fatto hanno perduto la cittadinanza italiana, vuoi per atto di espressa rinuncia (ipotesi piuttosto fantasiosa introdotta dalla legge del 1912), vuoi per averne acquistata un'altra per naturalizzazione o per matrimonio, in epoca anteriore al 1991, vuoi per omessa iscrizione nei registri consolari e conseguente trascrizione in quelli anagrafici comunali.
In quest'ultimo caso non si parla di "riacquisto" ma di "riconoscimento" della cittadinanza italiana, la quale formalmente non sarebbe mai stata perduta. In realtà, il riconoscimento pone problemi ben maggiori che il riacquisto, non foss'altro perchè mentre il secondo riguarda ormai solo poche migliaia di persone, il primo interessa, almeno potenzialmente, vari milioni, forse diecine di milioni di discendenti di italiani.
E' da notare che nonostante la presenza in Parlamento di alcuni di questi discendenti, nessuna delle diciotto proposte contiene previsioni di semplificazione o razionalizzazione della pratica di riconoscimento, ma al massimo mirano ad ampliare la (già numerosa!) platea degli aventi diritto, estendo il diritto stesso ai figli di madre italiana nati prima del 1948.





Modifica alla legge sulla cittadinanza. C. 24 Realacci, C. 908 Ferrigno, C. 909 Ferrigno, C. 938 Mascia, C. 1297 Ricardo Antonio Merlo, C. 1462 Caparini, C. 1529 Boato, C. 1570 Bressa, C. 1607 Governo, C. 1653 Santelli, C. 1661 Piscitello, C. 1686 Diliberto, C. 1693 Angeli, C. 1727 Adenti, C. 1821 Angeli, C. 1836 Fedi e C. 1839 D'Alia. (Seguito dell'esame e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, il 7 novembre 2006.
Luciano VIOLANTE, presidente, invita il relatore ad illustrare il contenuto delle proposte di legge abbinate, nel corso della seduta di ieri, martedì 6 novembre 2006, a quelle già all'esame della Commissione.
Gianclaudio BRESSA (Ulivo), relatore, si sofferma inizialmente sulle proposte di legge n. 1653 Santelli ed altri, n. 1727 Adenti e altri, e n. 1839 D'Alia, che intervengono sulla medesima materia di quelle oggetto dei progetti di legge già all'esame della Commissione. In particolare rileva che la proposta di legge n. 1653 prevede l'attribuzione della cittadinanza italiana allo straniero nato in Italia che vi abbia risieduto legalmente e senza interruzione sino al compimento della maggiore età e che abbia adempiuto all'obbligo scolastico presso scuole riconosciute dallo Stato italiano. La proposta prevede inoltre criteri più restrittivi rispetto alla normativa vigente per l'acquisto della cittadinanza a seguito di matrimonio con cittadino italiano. Quanto alla concessione della cittadinanza allo straniero legalmente residente, la proposta mantiene il requisito della residenza legale per almeno dieci anni, previsto dalla normativa vigente e subordina il riconoscimento alla sussistenza di determinati requisiti quali la buona conoscenza della lingua, della storia della Costituzione italiana, la rinuncia alla precedente cittadinanza e la frequentazione di un corso di formazione e di educazione civica. La proposta n. 1727 (Adenti) attribuisce la cittadinanza a chi è nato nel territorio della Repubblica da genitore straniero residente in Italia da almeno 5 anni al momento della nascita del figlio ovvero a chi nasce in Italia da genitore straniero legalmente residente nato in Italia. La proposta attribuisce altresì il diritto di cittadinanza al minore figlio di stranieri residente in Italia da almeno 5 anni che abbia frequentato un ciclo scolastico o un corso di formazione professionale o abbia svolto per almeno un anno regolare attività lavorativa. Il provvedimento reca poi una modifica in senso restrittivo della disciplina vigente in materia di acquisto di cittadinanza per matrimonio. Quanto alla concessione della cittadinanza allo straniero residente in Italia la proposta richiede il requisito della residenza legale per almeno 7 anni riducibili a 5 anni in caso di superamento di uno specifico corso di integrazione. In tutte le ipotesi descritte l'attribuzione della cittadinanza è subordinata anche al possesso del requisito reddituale non inferiore a quello richiesto per il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti in lungo periodo. La proposta di legge n. 1839 (D'Alia) prevede l'acquisto della cittadinanza da parte dello straniero nato o entrato in Italia entro il quinto anno di età, che vi abbia risieduto legalmente e senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età nonché, del minore figlio di stranieri residente in Italia che fornisca la prova della frequenza di un ciclo scolastico obbligatorio, unitamente alla conoscenza adeguata della lingua e della cultura italiana. La proposta prevede inoltre la concessione della cittadinanza allo straniero che risiede almeno da 7 anni nel territorio della Repubblica previa verifica della sua reale integrazione linguistica, culturale e sociale. Si prevede quindi una modifica, in senso restrittivo della normativa in materia di acquisto della cittadinanza per matrimonio e, in ogni caso, il divieto di doppia cittadinanza. Tale divieto non si applica ai figli di padre o madre cittadini o alle persone di lingua italiana figli discendenti di soggetti che siano stati cittadini italiani. Passando ad illustrare le proposte di legge nn. 908, 909, 1297, 1693, 1821 e 1836, presentate da deputati eletti nella circoscrizione estero, fa presente che esse sono volte, per un verso, ad eliminare un'anacronistica disparità di trattamento ancora presente nell'ordinamento italiano nei confronti di quelle donne che emigrate all'estero nel secolo scorso sono state private della cittadinanza e del diritto di trasmetterla ai propri figli per effetto della legge n. 555 del 1912. La disposizione recata da questa legge è stata infatti dichiarata illegittima della Corte costituzionale con la sentenza n. 30 del 1983; tuttavia tale sentenza ha comportato il riconoscimento della trasmissione della cittadinanza italiana ai figli per via materna solamente a partire dall'entrata in vigore della Costituzione, lasciando inalterate le situazioni verficatesi tra l'entrata in vigore della legge del 1912 e il 1o gennaio del 1948. In secondo luogo le proposte di legge in esame sono finalizzate a consentire il riacquisto della cittadinanza da parte dei cittadini italiani emigrati all'estero che l'abbiano perduta a seguito dell'acquisto della cittadinanza del nuovo stato di residenza che non abbiano potuto usufruire della riapertura dei termini per il riacquisto della cittadinanza prevista dalla legge n. 91 del 1992. Fa presente in proposito che dopo la scadenza del suddetto termine molti stati hanno introdotto il diritto alla doppia cittadinanza cosicché diversi connazionali che non avevano potuto chiedere, sulla base della legge del 1992, il riacquisto della cittadinanza italiana per non perdere quella del paese di residenza, potrebbero oggi riacquistare tale cittadinanza a seguito di una riapertura del termine. Tenuto conto della complessità delle questioni da esaminare e della ampiezza del quadro delle ipotesi normativa prospettate dalle proposte di legge all'esame della Commissione, si dichiara disponibile ad elaborare un testo unificato.
Luciano VIOLANTE, presidente, al fine di organizzare il prosieguo dei lavori della Commissione sulle proposte di legge in titolo, ritiene opportuno prevedere lo svolgimento di interventi da parte dei rappresentanti di ciascun gruppo prima di dare mandato al relatore di elaborare una proposta di testo unificato in relazione alla quale potrebbe essere svolta l'attività conoscitiva.
Gianpiero D'ALIA (UDC), dopo aver ringraziato il relatore per l'ampia ed esauriente relazione svolta, osserva che il Governo ha posto una questione giusta in modo sbagliato, non ritenendo che il riconoscimento della cittadinanza debba costituire uno strumento per l'integrazione quanto piuttosto il punto finale del complessivo percorso di integrazione. Si sofferma sul recente parere espresso da questa Commissione sullo schema di decreto legislativo in materia di soggiornanti di lungo periodo, osservando come il permesso di soggiorno di lungo periodo conferisce per un protratto periodo di tempo ai soggetti interessati tutti i diritti riconosciuti ai cittadini, tranne quelli politici. In proposito ritiene che sia contraddittorio, rispetto alla disciplina europea, prevedere per l'acquisto della cittadinanza i medesimi requisiti stabiliti per l'acquisto dello status di soggiornante di lungo periodo. Ricorda che la disciplina approvata nel 1992 modificò il requisito costituito dal periodo minimo di permanenza in Italia elevandolo da cinque a dieci anni, alla luce dell'intensificarsi del fenomeno migratorio, mentre fu contestualmente agevolato l'acquisto della cittadinanza per matrimonio, cosa che produsse la conseguenza di numerosi matrimoni «di comodo», finalizzati al solo conseguimento della cittadinanza, ritenendo pertanto che, per questi motivi, la disciplina in vigore debba essere modificata. Fa quindi presente che la proposta di legge da lui presentata prevede di portare a sette anni il periodo minimo di permanenza sul territorio nazionale al fine di poter chiedere la cittadinanza italiana, unitamente alla presenza di altri requisiti essenzialmente volti a verificare l'effettiva integrazione del soggetto nella comunità nazionale. Si tratta in particolare della mancanza di condanne a carico della persona, nonché della presenza di un reddito minimo e della frequenza di un corso annuale volto ad attestare la conoscenza della lingua e, soprattutto, dell'ordinamento giuridico italiano, requisito quest'ultimo significativo alla luce delle diversità esistenti con molti ordinamenti giuridici dei paesi di provenienza degli immigrati. Con riferimento alla concessione della cittadinanza per gli immigrati minori di età, ritiene necessario garantire uguali diritti a costoro, a prescindere dalla nascita sul territorio italiano. La proposta di legge da lui presentata prevede che lo straniero nato o entrato in Italia entro il quinto anno di età può richiedere il riconoscimento della cittadinanza condizionatamente alla frequenza di un ciclo scolastico obbligatorio ed alla conoscenza adeguata della lingua e della cultura italiane. Ritiene inoltre che il requisito della frequenza scolastica obbligatoria possa rappresentare uno stimolo ai genitori immigrati per consentire ai propri figli di frequentare le scuole italiane, aspetto questo che può costituire un effettivo elemento di integrazione. Fa quindi presente l'opportunità che il Governo presenti alla Commissione i dati relativi ai soggetti beneficiari dei provvedimenti che concernono il riconoscimento della cittadinanza italiana ai connazionali emigrati e residenti all'estero ed ai loro discendenti, al fine di poter individuare una efficace soluzione a tale problema. Conclude evidenziando i principi di fondo della sua posizione sulla materia in esame, rappresentati dal divieto della doppia cittadinanza nonché dell'obbligo di richiesta espressa della cittadinanza da parte dei soggetti in possesso dei requisiti previsti.
Il sottosegretario Marcella LUCIDI fa presente l'opportunità che i deputati che intervengono a nome del proprio gruppo evidenzino le principali questioni problematiche al fine di consentire al Governo di replicare compiutamente.
Gabriele BOSCETTO (FI), dopo aver dichiarato che la posizione del proprio gruppo si rispecchia all'interno della proposta di legge C. 1653 del deputato Santelli, si dichiara perplesso sulla possibilità per il relatore di sintetizzare le diverse posizioni politiche all'interno di un testo unificato.
Gianclaudio BRESSA (Ulivo), relatore, ritiene che il problema principale non sia rappresentato dalla definizione del requisito del periodo minimo di soggiorno all'interno dello Stato per il riconoscimento della cittadinanza, ma dalla individuazione dei punti di possibile convergenza al di là delle posizioni di fondo che inevitabilmente distinguono i diversi schieramenti politici.
Luciano VIOLANTE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

ALLEGATO 4
Modifica alla legge sulla cittadinanza. (C. 24 Realacci, C. 908 Ferrigno, C. 909 Ferrigno, C. 938 Mascia, C. 1297 Ricardo Antonio Merlo, C, 1462 Caparini, C. 1529 Boato, C. 1570 Bressa, C. 1607 Governo, C. 1653 Santelli, C. 1661 Piscitello, C. 1686 Diliberto, C. 1693 Angeli, C. 1727 Adenti, C. 1744 De Corato, C. 1821 Angeli, C. 1836 Fedi e C. 1839 D'Alia).
PROPOSTA DI TESTO UNIFICATO DEL RELATORE ADOTTATO COME TESTO BASE DALLA COMMISSIONE
MODIFICHE ALLA LEGGE 5 FEBBRAIO 1992, N. 91, RECANTE NUOVE NORME SULLA CITTADINANZA
Art. 1. (Nascita).
1. Al comma 1 dell'articolo 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, sono aggiunte, in fine, le seguenti lettere: «c) chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia residente legalmente in Italia, senza interruzioni, da almeno tre anni; d) chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia nato in Italia ed ivi legalmente risieda».
2. All'articolo 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è aggiunto, in fine, il seguente comma: «3. Nei casi di cui alle lettere c) e d) del comma 1, entro un anno dal raggiungimento della maggiore età, il soggetto può rinunciare, se in possesso di altra cittadinanza, alla cittadinanza italiana».
Art. 2. (Minori).
1. Il comma 2 dell'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è sostituito dai seguenti: «2. Il minore figlio di genitori stranieri, di cui almeno uno residente legalmente in Italia senza interruzioni da cinque anni, che, anch'esso legalmente residente in Italia senza interruzioni per un periodo non inferiore a cinque anni, vi abbia frequentato integralmente un ciclo scolastico o un corso di formazione professionale o vi abbia svolto regolare attività lavorativa per almeno un anno, diviene cittadino italiano su istanza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale secondo l'ordinamento del Paese di origine. Entro un anno dal raggiungimento della maggiore età il soggetto può rinunciare, se in possesso di altra cittadinanza, alla cittadinanza italiana. 3. Il minore di cui al comma 2, alle medesime condizioni ivi indicate, qualora al raggiungimento della maggiore età risieda legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni, diviene cittadino italiano ove dichiari entro un anno dalla suddetta data di voler acquisire la cittadinanza italiana».
Art. 3. (Matrimonio).
1. L'articolo 5 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è sostituito dal seguente: «Art. 5. - 1. Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano acquista la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo tre anni se all'estero, qualora, al momento dell'adozione del decreto di cui all'articolo 7, comma 1, non sia intervenuto scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista separazione personale dei coniugi».
Art. 4. (Attribuzione della cittadinanza).
1. Dopo l'articolo 5 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 è inserito il seguente: «Art. 5.-bis. - 1. La cittadinanza italiana è attribuita con decreto del Ministro dell'Interno, su istanza dell'interessato: a) allo straniero che risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio della Repubblica e che è in possesso del requisito reddituale, determinato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze in misura non inferiore a quello richiesto per il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dall'articolo 1 del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3; b) allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano che risiede legalmente nel territorio della Repubblica da almeno tre anni successivamente alla adozione; c) al cittadino di uno Stato membro dell'Unione europea che risiede legalmente da almeno tre anni nel territorio della Repubblica.
2. Il Governo promuove iniziative ed attività finalizzate a sostenere il processo di integrazione linguistica e sociale dello straniero, cui questi viene invitato a partecipare, secondo modalità stabilite dal decreto di cui all'articolo 25».
Art. 5. (Conoscenza della lingua italiana).
1. Dopo l'articolo 5-bis della legge 5 febbraio 1992, n. 91, introdotto dall'articolo 4 della presente legge, è inserito il seguente: «Art. 5-ter. - 1. L'acquisizione della cittadinanza italiana nell'ipotesi di cui all'articolo 5-bis, comma 1, è condizionata ad una conoscenza della lingua italiana equivalente al livello del terzo anno della scuola primaria. 2. Con il decreto di cui all'articolo 25, sono stabiliti i titoli necessari all'attestazione della conoscenza della lingua italiana, nonché le attività che possono essere considerate titolo idoneo. Con il medesimo decreto è determinata la documentazione da allegare all'istanza di cui all'articolo 7, comma 1, ai fini di tale attestazione».
Art. 6. (Motivi preclusivi dell'attribuzione della cittadinanza).
1. L'articolo 6 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è sostituito dal seguente: «1. Precludono l'attribuzione della cittadinanza ai sensi degli articoli 5 e 5-bis: a) la condanna per uno dei delitti previsti nel libro secondo, titolo I, capi I, II e III del codice penale;
b) la condanna per un delitto non colposo per il quale la legge preveda una pena edittale non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione; c) la condanna per un reato non politico ad una pena detentiva superiore ad un anno da parte di una autorità giudiziaria straniera, quando la sentenza sia stata riconosciuta in Italia.
2. Il riconoscimento della sentenza straniera è richiesto dal procuratore generale del distretto dove ha sede l'ufficio dello stato civile in cui è iscritto o trascritto il matrimonio, anche ai soli fini ed effetti di cui al comma 1, lettera b) e c). 3. La riabilitazione fa cessare gli effetti preclusivi della condanna. 4. L'apertura di un procedimento penale per i reati di cui alle lettere a) e b) del comma 1 e l'apertura del procedimento di riconoscimento della sentenza straniera di cui alla lettera c) del comma 1 determinano la sospensione del procedimento per l'attribuzione della cittadinanza. Il procedimento riprende entro un mese da una sentenza, anche non definitiva, di assoluzione».
Art. 7. (Decreto di attribuzione della cittadinanza).
1. Al comma 1 dell'articolo 7 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, dopo le parole: «dell'articolo 5», sono inserite le seguenti: « e dell'articolo 5-bis».
Art. 8. (Procedura di reiezione delle istanze).
1. L'articolo 8 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è sostituito dal seguente: «Art. 8. - 1. Con decreto motivato, il Ministro dell'Interno respinge l'istanza di cui all'articolo 7, comma 1, ove sussistano le cause ostative indicate all'articolo 6».
Art. 9. (Reiezione per motivi di sicurezza della Repubblica).
1. Dopo l'articolo 8 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 è inserito il seguente: «Art. 8-bis. - 1. Qualora sussistano motivi tali da far ritenere il richiedente pericoloso per la sicurezza della Repubblica, il Ministro dell'Interno respinge con decreto motivato l'istanza presentata ai sensi dell'articolo 7, comma 1, dandone comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri. 2. Qualora risulti necessario acquisire ulteriori informazioni in ordine alla pericolosità per la sicurezza della Repubblica, il Ministro dell'Interno può sospendere il procedimento per un periodo massimo di tre anni, informandone il Presidente del Consiglio dei Ministri. 3. L'istanza respinta ai sensi del presente articolo può essere riproposta dopo cinque anni dalla reiezione».
Art. 10. (Concessione della cittadinanza).
1. All'articolo 9, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, sono apportate le seguenti modifiche: a) la lettera b) è sostituita dalla seguente: «al minore straniero o apolide che abbia frequentato integralmente un ciclo scolastico in Italia, al raggiungimento della maggiore età»; b) la lettera d) è abrogata; c) alla lettera e) la parola «cinque» è sostituita dalla seguente: «tre».
2. All"articolo 9 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 è aggiunto, in fine, il seguente comma: «3. Ai fini della concessione della cittadinanza di cui ai commi 1 e 2, l'interessato non è tenuto a dimostrare alcun requisito di reddito».
Art. 11. (Giuramento).
1. L'articolo 10 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è sostituito dal seguente: «Art. 10. - 1. Il decreto di attribuzione o di concessione della cittadinanza acquista efficacia con la prestazione del giuramento, che avviene nella sede della prefettura-ufficio territoriale del Governo competente per territorio in base alla residenza dell'istante secondo modalità stabilite dal decreto di cui all'articolo 25. 2. Il nuovo cittadino italiano presta giuramento pronunciando la seguente formula: "Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi, riconoscendo la pari dignità sociale di tutte le persone".
3. In occasione del giuramento viene consegnata al nuovo cittadino una copia della Costituzione della Repubblica italiana».
Art. 12. (Doppia cittadinanza).
1. Dopo l'articolo 11 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è inserito il seguente: «Art. 11-bis. - 1. Ai fini dell'acquisizione della cittadinanza non è richiesta la rinuncia alla cittadinanza straniera».
Art. 13. (Riacquisto della cittadinanza).
1. All'articolo 17 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1 sono soppresse le parole «entro due anni dall'entrata in vigore della presente legge»; b) il comma 2 è sostituito dal seguente: «2. Il diritto al riacquisto della cittadinanza italiana può essere esercitato: a) dalla donna che, già cittadina italiana per nascita, abbia perduto la cittadinanza per effetto di matrimonio con cittadino straniero, quando il matrimonio è stato contratto prima del 1o gennaio 1948; b) dal figlio della donna di cui alla lettera a), ancorché nato anteriormente al 1o gennaio 1948, anche qualora la madre sia deceduta.»; c) è aggiunto, in fine, il seguente comma: «3. Il diritto al riacquisto della cittadinanza di cui ai commi 1 e 2 è esercitato dagli interessati mediante presentazione di una istanza al sindaco del comune di residenza dell'istante, oppure alla competente autorità consolare previa produzione di idonea documentazione ai sensi di quanto disposto con decreto del Ministero dell'Interno emanato di concerto con il Ministero degli Affari esteri».
Art. 14. (Disciplina del procedimento amministrativo per la concessione e per l'attribuzione della cittadinanza).
1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'Interno, è disciplinato il procedimento amministrativo per la concessione e per la attribuzione della cittadinanza e a stabilire il termine improrogabile per la sua conclusione, in misura comunque non superiore a ventiquattro mesi, dalla data di presentazione dell'istanza.


PS - Si fa riserva di allegare anche il testo integrato con le modifiche di cui sopra, non appena disponibile

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Art. 15. (Norme di adeguamento).
1. Per l'attuazione della presente legge, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge medesima, sono emanate con le modalità di cui all'articolo 25 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, le necessarie disposizioni di modifica del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 12 ottobre 1993, n. 572, e successive modificazioni, e del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 362, nonché le disposizioni di attuazione degli articoli 5 e 11 della presente legge.
Art. 16. (Copertura finanziaria).
1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in 200.000 euro annui a decorrere dall'anno 2007, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, utilizzando per l'anno 2008 la proiezione di parte dell'accantonamento relativo al Ministero dell'interno e per l'anno 2009 la proiezione di parte dell'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. 2. L'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) provvede al monitoraggio degli oneri finanziari derivanti dalle disposizioni introdotte dalla presente legge, informando tempestivamente il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e il Ministro dell'economia e delle finanze, anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Gli eventuali decreti emanati, ai sensi dell'articolo 7, comma 2, numero 2), della citata legge n. 468 del 1978, prima della data di entrata in vigore dei provvedimenti o delle misure di cui al presente comma sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative.

Wednesday, November 08, 2006

Proposta legge immigrazione Ulivo, 7 nov 06

Solo ora, e precisamente il 20 novembre, quasi un mese e mezzo dopo la sua formale presentazione, un mese dopo la presentazione alla stampa (di cui alla "velina" qui di seguito riportata:

"ROMA - Permesso di entrata per ricerca di lavoro, 'sponsor', permessi premiali in caso di comportamenti degni di nota.Sono alcune delle novità previste dal disegno di legge sulle 'norme per l'ingresso, l'accesso e l'integrazione dei cittadini stranieri' presentato ieri dal gruppo dell'Ulivo a palazzo Madama, in una conferenza stampa alla quale hanno partecipato il presidente del gruppo Anna Finocchiaro, il vice presidente Luigi Zanda, il presidente della commissione Lavoro Tiziano Treu e il senatore Massimo Livi Bacci primo firmatario del ddl. "L'immigrazione è qui per restarci a lungo" e "non è un fenomeno nuovo perché ci conviviamo da trent'anni", ha detto Livi Bacci, illustrando i punti-cardine di una riforma che non abolisce la legge Bossi-Fini, ma la modifica in punti qualificanti.Intanto, accanto all'ingresso per "chiamata nominativa" o numerica vi potrà essere anche quello per "ricerca di lavoro", dietro la presentazione di "adeguate garanzie" da parte di istituzioni appositamente autorizzate o dietro quella che viene definita "prestazione di garanzia di natura monetaria", cioé un deposito infruttifero al momento dell'ingresso. Il presupposto del provvedimento è che sia più utile al sistema che "l'immigrato sia tracciabile" al momento del suo ingresso e che sia utile favorire l'incontro diretto tra potenziale datore di lavoro e lavoratore ancor prima di giungere alla formalizzazione del rapporto. In ogni caso, si tenta di rendere più flessibile il sistema, nella consapevolezza che, ha rilevato Anna Finocchiaro, "il governo sta andando verso un Testo unico delle norme sull'immigrazione e questo ddl, di cui con i ministri Giuliano Amato e Paolo Ferrero abbiamo parlato, si inserisce come contributo alla discussione che si aprirà. D'altronde, è questo uno dei temi della modernità del Paese e della stessa democrazia". Il testo, 22 articoli, non copre l'intero ambito della legislazione vigente sull'immigrazione, ma si concentra su quattro aspetti: la disciplina degli ingressi, il permesso di soggiorno, le modalità di regolarizzazione, le politiche per l'integrazione. Parallelamente il ddl dei senatori dell'Ulivo, raddoppia la durata massima dei permessi di soggiorno: due anni per i permessi di lavoro a tempo determinato e tre per quelli a tempo indeterminato. Inoltre nelle more del rinnovo l'immigrato conserverà intatte tutte le sue prerogative. Per quanto riguarda l'emersione dall'irregolarità, il testo introduce forme articolate di regolarizzazione in modo da superare, spiega Livi Bacci, "le sanatorie indiscriminate a cui siamo stati abituati negli ultimi anni". Permessi di soggiorno premiali, dunque, per gli stranieri che aiutino concretamente le autorità nell'individuazione di autori di reati connessi all'immigrazione clandestina, per quanti compiano atti di straordinaria rilevanza sociale ed umanitaria, e per gli irregolari che denuncino il loro datore di lavoro, "escludendo - sottolinea Livi Bacci - i datori di lavoro-famiglie" come nel caso delle badanti. Il ddl prevede, infine, la ricostituzione del Fondo per l'integrazione, istituito originariamente dalla Turco-Napolitano e abolito dal precedente governo.'Si torna alla Legge Martelli e di conseguenza agli abusi degli sponsor che potranno nuovamente chiedere agli stranieri di pagare profumatamente questa specie di 'presa in carico. Dopo questo mercimonio lo straniero sarà libero, come allora, di dilagare sul territorio nazionale senza alcun controllo essendo regolarmente nel nostro paese senza l'obbligo di lavorare". Ettore Pirovano, senatore della Lega, commenta così il ddl presentato dall'Ulivo in Senato in tema di immigrazione. "E' difficile capire come sarà possibile controllare i fruitori del permesso per ricerca di lavoro dopo che saranno entrati in Italia, ma - sottolinea il senatore del Carroccio - é facile prevedere che tutti i clandestini oggi presenti in Europa troveranno molto conveniente spostarsi per venire qui da noi dove tanto benevolmente saranno accolti". Non solo, dunque, "non riusciremo a contenere i clandestini che ci giungono dal mare e che gentilmente telefonano ai carabinieri per avvisarli del loro arrivo, ma saremo il Paese che vanterà il maggior numero di extracomunitari". "Ricordiamoci anche - sottolinea Pirovano - che a fronte di un permesso per ricerca di lavoro i comuni saranno obbligati a rilasciare la residenza e da quel giorno decorreranno i termini per ottenere la cittadinanza. Meglio sarebbe aiutare - conclude - i disoccupati del sud offrendo loro gli stessi benefici di sovvenzione ed alloggio in attesa di trovare un lavoro, oggi garantiti agli extracomunitari".
(8 novembre 2006)

il famoso progetto dell'Ulivo viene finalmente reso noto. Era rimasto irreperibile, forse a causa della "concorrenza" rispetto al l'ancor piu misterioso progetto del Governo, cioè, supponiamo, di Amato, di cui vedi qualcosa piu in alto in questo blog?
Comunque, ecco finalmente il testo:

Legislatura 15º - Disegno di legge N. 1065
SENATO DELLA REPUBBLICA
———– XV LEGISLATURA ———–

N. 1065
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei senatori LIVI BACCI, FINOCCHIARO, ZANDA, BIANCO, MANZELLA, TREU, FRANCO Vittoria, MORANDO, BENVENUTO, SOLIANI, ROILO, DI SIENA, IOVENE e MERCATALI
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 5 OTTOBRE 2006
———–
Norme per l’ingresso, l’accesso al lavoro e l’integrazione dei cittadini stranieri. Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286
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Onorevoli Senatori. – L’immigrazione è una formidabile forza di cambiamento della società italiana di questo inizio di secolo.
Nel 1996, lo stock migratorio regolare non raggiungeva il milione di persone; oggi – a 10 anni di distanza – gli stranieri regolarmente soggiornanti nel nostro paese hanno superato i 3 milioni, con un aumento medio annuo di oltre 200.000 unità. Negli ultimi anni l’Italia – insieme alla Spagna – è stato il paese europeo con la maggiore immigrazione, che (fatte le debite proporzioni) è di entità comparabile a quella accolta negli Stati Uniti, paese storicamente aperto verso l’esterno. Si usa dire, con ragione, che l’immigrazione è un’opportunità ed una risorsa: ma questa affermazione è vera, soprattutto, quando concorrano altre circostanze. In particolare, occorre che essa sia governata e non subìta; che sia accompagnata da dinamici e corretti processi d’inserimento, integrazione e interazione; che contemperi i legittimi interessi dell’immigrato con quelli, altrettanto legittimi, della società ospitante; che venga combattuta la discriminazione e la segregazione etnica, religiosa o di genere. La pressione migratoria verso i paesi sviluppati è elevata per il permanere – o l’aggravarsi – dei divari di livelli di vita, per l’integrazione economica del mondo, per il «restringersi» delle distanze, per l’accresciuta conoscenza delle condizioni di vita, delle normative, delle particolarità dei mercati del lavoro dei paesi di destinazione. Ma oltre a queste cause generali, l’immigrazione nel nostro paese è legata ad alcune specificità. In primo luogo occorre sottolineare la crescente depressione della popolazione in età attiva nelle fasce più giovani: stando alle previsioni, se non vi fosse l’apporto degli immigrati, la popolazione tra i 20 ed i 40 anni diminuirebbe di oltre 300.000 unità all’anno tra oggi e il 2020. Occorre appena ricordare che si tratta della fascia di età più produttiva, con migliore formazione, più mobile, più innovativa, che ha una funzione fondamentale nel processo di sviluppo: il suo forte arretramento numerico avrebbe indubbie conseguenze negative. La veloce diminuzione dei giovani sarebbe solo in piccola parte compensata dalla popolazione attiva nelle fasce meno giovani. Studi e modelli ci dicono che anche qualora vi fosse un forte recupero della produttività, crescessero i tassi di attività delle donne e quelli della popolazione meno giovane ai livelli record propri dei paesi europei nei quali c’è piena occupazione femminile e gli anziani lavorano più a lungo (come nel nord Europa), resterebbe pur sempre una forte domanda di lavoro inevasa. E se questo avvenisse, una pluralità di settori produttivi entrerebbe in crisi, inceppando il dinamismo dell’economia ed eventualmente provocandone la contrazione, con una perdita di benessere. La depressione demografica non è la sola causa della sostenuta immigrazione. Ad essa vanno associate altre caratteristiche strutturali – e quindi solo gradualmente modificabili – proprie del nostro paese. In primo luogo va posta la struttura produttiva, caratterizzata da un’ampia componente a forte intensità di lavoro e da una domanda di lavoro che le imprese hanno, spesso, difficoltà a soddisfare sul mercato nazionale. In secondo luogo va ricordato che la forte domanda di lavoro non nazionale, espressa dalle famiglie, è anche conseguenza dei modesti trasferimenti che il nostro sistema di welfare opera a favore delle famiglie stesse, e in particolare di quelle con bambini piccoli o con anziani non autosufficienti. È noto, infatti, che la proporzione dei trasferimenti sociali a sostegno delle famiglie – ed i servizi a loro disposizione – si situa, in Italia, al livello più basso tra i paesi europei, cosicché le funzioni di allevamento e di cura hanno bisogno di un sostegno offerto quasi esclusivamente dalla popolazione immigrata. Infine non vanno trascurati gli effetti del rapido processo d’invecchiamento – il più rapido tra i maggiori paesi della UE – con la conseguente crescente domanda di assistenza e di servizi alle persone anziane. L’insieme dei fattori e di queste forze fa sì che il nostro paese esprima una domanda di lavoro estero molto sostenuta, e destinata a rimanere tale a lungo. Varie possono essere le risposte a questa domanda e tali da disegnare una molteplicità di modi – per numero, per composizione professionale, per provenienza geografica – di immigrazione legale. Ciascun tipo di risposta ha effetti particolari propri sui prezzi, i salari, la produttività, il benessere. Il legislatore deve trovare i modi migliori e più adatti affinché le politiche migratorie possano rispondere alle convenienze del paese e degli immigrati stessi. Il presente disegno di legge cerca di rispondere alle esigenze sopra illustrate. Esso introduce modifiche ed innovazioni all’attuale testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 («Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo», cosiddetta «legge Bossi-Fini») per quanto riguarda i princìpi generali, le disposizioni sull’ingresso e sul soggiorno, la disciplina del lavoro e le misure d’integrazione; non entra invece in altri temi specifici quali il controllo delle frontiere, i respingimenti e le espulsioni, il diritto all’unità familiare, che pur necessitano di modifiche e integrazioni, ma per i quali esistono provvedimenti del Governo in corso di attivazione o disposizioni europee che debbono trovare recepimento nel nostro ordinamento. I princìpi ispiratori del disegno di legge sono più d’uno.
1. Ingresso nel territorio dello Stato. Il primo e più importante principio ispiratore di questa proposta riguarda la riforma dei criteri di accesso legale nel paese per lavoro, allo scopo di rendere l’offerta di lavoro straniero più consona alla domanda e per comprimere, per quanto possibile, le dimensioni dell’irregolarità. I due aspetti sono, infatti, tra loro fortemente collegati. Il nostro paese – come gli altri paesi dell’Europa mediterranea – ha una forte componente di immigrati in posizione irregolare: si tratta di persone arrivate per lo più regolarmente che rimangono in Italia oltre il periodo di validità del visto.
Poiché non esistono statistiche dell’irregolarità, dobbiamo contentarci delle stime. Negli Stati Uniti, fonti ufficiali pongono la massa degli irregolari attorno agli 11-12 milioni. Si tratta di una massa davvero imponente – quasi il 4 per cento degli abitanti – formatasi negli ultimi vent’anni a partire dalla sanatoria del 1986. Ma in Italia la situazione non è migliore: se si pensa che negli ultimi vent’anni le sanatorie hanno regolarizzato 1,4 milioni di persone, e che le richieste di permessi di lavoro espresse da famiglie ed imprese in relazione al decreto sui flussi del 2006, hanno riguardato oltre mezzo milione di persone (in grande maggioranza irregolari già dimoranti in Italia), siamo di fronte a cifre con ordini di grandezza non distanti dagli Stati Uniti (che dell’Italia ha una popolazione più che quintupla). La Spagna somiglia all’Italia: una sanatoria (1991) con il governo Gonzales, tre con Aznar (1996, 2000 e 2001) e l’ultima (conclusa nel maggio 2005) con Zapatero per un totale di 1,3 milioni di regolarizzati. Nel complesso, negli ultimi dieci anni, i quattro paesi euromediterranei (Italia, Spagna, Portogallo e Grecia) hanno sanato la posizione di oltre 3 milioni di immigrati (il 2,5 per cento della loro popolazione). Se è vero che lo stock (presumibile) degli irregolari, nei quattro paesi, è proporzionalmente più basso che negli Stati Uniti, ciò si deve alle numerose sanatorie – mediamente una ogni 4-5 anni – che hanno periodicamente svuotato la «bolla» dell’irregolarità, trasformando in regolare chi è entrato clandestinamente (una parte modesta) e chi (la maggioranza) è entrato regolarmente con un visto, ma è rimasto oltre i termini concessi. Va però aggiunto che queste sanatorie consentono, in genere, la concessione di un permesso di soggiorno di breve durata, e non rappresentano (per i sanati) una soluzione di lungo termine del loro status migratorio. In prima, larga approssimazione, si può ipotizzare che esista una legge pneumatica dell’irregolarità: maggiore è il divario tra domanda di lavoro da parte delle imprese e delle famiglie e flusso legale, maggiore è la velocità con cui si forma la bolla dell’illegalità e maggiore è la pressione per sgonfiarla con provvedimenti di sanatoria. Nessun paese ordinato può, infatti, permettersi di mantenere in stato di illegalità – e quindi di vulnerabilità, emarginazione e debolezza – una massa numerosa di soggiornanti. Poiché le espulsioni di centinaia di migliaia di persone sono praticamente impossibili (e dannose per molte attività economiche) la sanatoria diviene lo strumento straordinario, ma ricorrente, di soluzione del problema. Il volume dell’irregolarità dipende, in parte, da fattori strutturali propri del nostro paese, quali la lunghezza e permeabilità delle coste e le dimensioni dell’economia sommersa, potente attrattore di lavoro nero di origine extracomunitaria. Ma esso dipende anche da una programmazione dei flussi inadeguata e dalla rigidità delle norme relative all’ammissione, oggi possibile (in pratica) solo per chiamata nominativa e numerica di un soggetto non presente sul territorio nazionale, e quindi non conosciuto direttamente dal datore di lavoro. Ma per il datore di lavoro «famiglia» il contatto e la conoscenza diretta della persona da assumere per lavoro di allevamento o di cura è una condizione necessaria per procedere all’assunzione; così dicasi per molte attività commerciali od artigianali. Forte è quindi l’incentivo ad entrare regolarmente (soprattutto con visto turistico, nei casi in cui questo sia richiesto) per cercare, irregolarmente, lavoro. Nel presente disegno di legge, l’ingresso dei lavoratori subordinati – nei limiti dei tetti numerici annualmente stabiliti – potrà avvenire oltre che per chiamata nominativa o numerica da parte del datore di lavoro, anche per ricerca di lavoro mediante prestazione di adeguata garanzia da parte di istituzioni appositamente autorizzate, nonché per ricerca di lavoro mediante prestazione di garanzia di natura monetaria (deposito infruttifero al momento dell’ingresso) da parte dello stesso richiedente (articoli 10, 11 e 12). Sarà così possibile l’incontro diretto tra datore di lavoro e lavoratore a sostegno di un migliore e più articolato funzionamento del mercato. È inoltre opportuno che la politica migratoria incoraggi l’afflusso di lavoratori con profili professionali di qualità, dai quali proviene un particolare impulso al dinamismo della società. Si prevede perciò la possibilità di entrata – oltre i tetti numerici stabiliti dai decreti – di lavoratori che apportano particolari contributi alla conoscenza scientifica e tecnologica, o alla qualità anche artistica della produzione, o che esercitano attività di riconosciuto valore sociale (articolo 17). Sono inoltre previste la semplificazione e l’accelerazione del processo di definizione dei flussi annuali di lavoratori, attualmente frenato da un iter farraginoso, troppo lento ed incerto e portando il coordinamento presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
2. Permesso di soggiorno. Le norme e le procedure cui gli immigrati debbono sottostare per rinnovare un permesso di soggiorno sono particolarmente gravose e complicate e determinano un lavoro amministrativo e burocratico la cui complessità e lunghezza – oltre a generare costi per lo Stato – rende difficile la vita del soggiornante. L’estensione della durata dei permessi di soggiorno, la semplificazione delle modalità dei rinnovi, la conservazione delle prerogative del soggiornante regolare nelle more dei rinnovi tendono a facilitare la vita dell’immigrato oggi ostacolata da troppi gravosi adempimenti.
La durata massima dei permessi di soggiorno viene innalzata a due anni per i permessi di lavoro a tempo determinato e a tre per quelli a tempo indeterminato (articolo 4, comma 1, lettera d)); il rinnovo del permesso avrà validità doppia rispetto alla durata del permesso iniziale e la richiesta di rinnovo potrà essere fatta con minore anticipo rispetto alla scadenza (articolo 4 comma1, lettera f)). Inoltre, nelle more del rinnovo, l’immigrato conserverà intatte le sue prerogative (articolo 4, comma 1, lettera f)) (potrà lasciare l’Italia e farvi ritorno, cambiare domicilio; aprire un conto corrente, affittare una casa). Infine l’immigrato che perde il lavoro avrà più tempo (un anno) per cercarne uno nuovo.
3. Modalità di regolarizzazione. Un altro principio informatore del presente disegno di legge attiene all’opportunità di introdurre forme articolate di regolarizzazione, al fine di evitare che l’unica soluzione sia costituita da provvedimenti periodici, di massa, non selettivi.
Vi sono situazioni e condizioni particolari di irregolarità che suggeriscono la convenienza di regolarizzazioni ad personam. È questo il caso della concessione discrezionale di permessi premiali per quegli stranieri che aiutino concretamente le autorità nell’individuazione di autori di reati connessi con l’organizzazione dell’immigrazione clandestina (articolo 7); per gli stranieri irregolarmente soggiornanti che compiano atti di straordinaria rilevanza sociale ed umanitaria (articolo 4); per gli stranieri irregolari alle dipendenze di imprenditori od esercenti attività commerciali che denuncino la situazione di irregolarità, così contribuendo all’emersione di attività al nero che, come già detto, sono uno dei fattori di attrazione dell’immigrazione non regolare (articolo 11). Infine, e qui la fattispecie ha una portata più generale, la possibilità di rilascio di permessi ad irregolari dimoranti in Italia da almeno cinque anni, che hanno un lavoro e che danno dimostrazione di buona integrazione (articolo 18). Tutti questi canali di regolarizzazione individuale permettono una ragionevole e motivata uscita dall’irregolarità senza dover ricorrere a sanatorie generalizzate.
4. Politiche per l’integrazione. Per un paese, come l’Italia, nel quale l’immigrazione è divenuta un fenomeno strutturale, le politiche debbono articolarsi su due pilastri fondamentali: la programmazione ed il governo dei flussi di entrata, da un lato, i processi d’inserimento e d’integrazione dall’altra. Su questo secondo versante la politica degli ultimi anni è stata particolarmente carente, ponendo a carico delle Regioni e degli enti locali la complessa materia.
Se è vero che il processo d’integrazione si compie, soprattutto, a livello locale, è anche vero che i compiti di stimolo, orientamento, e coordinamento della politica d’integrazione debbono venire dal centro e trovare il loro fondamento in una forte e condivisa proposta politica. Il principio informatore di questa politica è che l’immigrato (con la sua famiglia) tanto più è una risorsa quanto più è sostenuto nel necessario e lungo processo d’integrazione che deve prevedere – tra l’altro – uno sbocco definitivo nell’accesso alla cittadinanza. L’immigrazione che è considerata pura forza di lavoro, alla quale si impone una rapida rotazione, può apparire vantaggiosa nel breve periodo – vengono minimizzati i costi sociali – ma è un peso nel lungo periodo, perché rende ardui l’integrazione ed il radicamento e pone a rischio di emarginazione, esclusione, conflittualità la collettività immigrata. Il disegno di legge prevede alcuni istituti e meccanismi per sostenere il processo di integrazione. Il primo è costituito dal Fondo per l’inserimento e l’integrazione dei migranti (articolo 21) avente lo scopo di finanziare le politiche dell’integrazione (finalizzato all’apprendimento della lingua, alla formazione, al sostegno nelle scuole, agli interventi per la casa e per il lavoro). Sono chiamati a sostenere il costo di queste politiche lo Stato, i datori di lavoro, alcune categorie di lavoratori direttamente (gli autonomi) e altre indirettamente (riversando i contributi previdenziali versati e non utilizzati dal titolare mediante il pensionamento), nonché la società in genere mediante donazioni, finanziamento per programmi eccetera. La logica è che il processo d’integrazione ha ricadute positive su tutta la collettività, e non solo sui migranti. Nel caso dei datori di lavoro, lo Stato permette e assicura – mediante le politiche migratorie – l’ingresso di lavoratori che altrimenti non potrebbero essere reperiti all’interno o che potrebbero essere reperiti solo offrendo salari più alti. Poiché lo Stato sostiene una serie di costi connessi a questa funzione, appare equo che gli imprenditori, in quanto beneficiari diretti, contribuiscano al Fondo al momento della sottoscrizione del contratto di lavoro. Il disegno di legge contempla anche il rafforzamento e l’allargamento dei compiti della Commissione per le politiche di integrazione, non rinnovata e quindi non operativa nella scorsa legislatura, denominata adesso Commissione per le politiche di integrazione e per la lotta alla discriminazione su base etnica, culturale e religiosa (articolo 22). Alla Commissione, oltre alla presentazione di rapporti sulle condizioni dei migranti, i processi d’integrazione, la valutazione delle politiche, l’elaborazione di studi e ricerche, è affidato anche l’importante compito di proporre, orientare e sostenere le iniziative antidiscriminatorie e antirazziste, nella convinzione che esse siano parte integrante delle politiche d’integrazione, nonché il compito di fare proposte per la ripartizione e l’impiego del Fondo per l’inserimento e l’integrazione dei migranti. Il binomio integrazione-antidiscriminazione è indissolubile. L’Italia è un paese nel quale l’immigrazione è divenuta – oramai da un terzo di secolo – una componente strutturale della società. Questa realtà rende indifferibile un intervento di profonda revisione della politica migratoria del nostro paese. A tal fine il presente disegno di legge affronta una parte importante della complessa materia. Ipotesi di studio prudenti ci dicono infatti che negli anni futuri l’immigrazione continuerà sugli alti livelli propri dell’ultimo decennio: ma è ben possibile che essi possano essere più consistenti. In questo quadro, deve essere rivista la politica delle ammissioni che non può prescindere da una seria programmazione, basata sulla realistica previsione del fabbisogno così come delle capacità di accoglienza, e che deve disporre di forme più articolate di ingresso per assicurare un migliore incontro tra domanda ed offerta di lavoro. Queste riforme, accompagnate ad una revisione della materia dell’ingresso nel territorio dello Stato, dei permessi di soggiorno, e da articolate e controllate forme di regolarizzazioni ad personam rendono possibile la riduzione del grado di irregolarità dello stock migratorio, oggi insostenibile. Passiamo quindi a un esame puntuale delle singole disposizioni. (omissis........)
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
(Comitato per il coordinamentoe il monitoraggio)
1. All’articolo 2-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, di seguito denominato «testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998», sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 3 è sostituito dal seguente: «3. Per l’istruttoria delle questioni di competenza del Comitato, è istituito un gruppo tecnico di lavoro presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, composto dai rappresentanti dei Ministeri interessati e da tre esperti designati dalla Conferenza unificata, di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Alle riunioni, in relazione alle materie oggetto di esame, possono essere invitati anche rappresentanti di ogni altra pubblica amministrazione interessata all’attuazione delle disposizioni del presente testo unico, nonché degli enti e delle associazioni nazionali e delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro di cui all’articolo 3, comma 1.» b) il comma 4 è abrogato.
Art. 2.
(Politiche migratorie)
1. All’articolo 3 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 3 è sostituito dal seguente: «3. Il documento individua inoltre i criteri generali per la definizione dei flussi di ingresso nel territorio dello Stato, elaborati in base a valutazioni demografiche, economiche e sociali compatibili con un equilibrato inserimento, delinea gli interventi pubblici volti a favorire le relazioni familiari, l’inserimento sociale e l’integrazione culturale degli stranieri residenti in Italia, nel rispetto delle diversità e delle identità culturali delle persone, purché compatibili con l’ordinamento giuridico, e prevede gli strumenti per un positivo reinserimento nei Paesi di origine.»; b) il comma 4 è sostituito dai seguenti: «4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Comitato di cui all’articolo 2-bis, comma 2, sono annualmente definite, entro il termine del 30 novembre dell’anno precedente a quello di riferimento del decreto, sulla base dei criteri generali individuati nel documento programmatico, i tetti numerici di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per ciascuna delle seguenti modalità: a) per lavoro subordinato non stagionale;
b) per lavoro autonomo; c) per ricerca di lavoro.
4-bis. I tetti numerici di cui al comma 4 devono tenere conto dei ricongiungimenti familiari e delle misure di protezione temporanea eventualmente disposte ai sensi dell’articolo 20. Qualora se ne ravvisi l’opportunità, ulteriori decreti possono essere emanati durante l’anno. I visti di ingresso ed i permessi di soggiorno per lavoro subordinato non stagionale, per lavoro autonomo e per ricerca di lavoro, sono rilasciati entro il limite dei tetti numerici.
4-ter. Con uno o più decreti del Ministro per la solidarietà sociale, sentiti il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, è annualmente definito, sulla base dei criteri generali individuati nel documento programmatico, il tetto numerico di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato stagionale»;
c) al comma 6-bis, dopo le parole «il Ministero dell’interno espleta,» sono inserite le seguenti «in conformità con le proprie competenze e».
Art. 3.
(Ingresso nel territorio dello Stato)
1. All’articolo 4 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2, il quinto periodo è soppresso;
b) il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 3, commi 4, 4-bis e 4-ter, l’Italia, in armonia con gli obblighi assunti con l’adesione a specifici accordi internazionali, consente l’ingresso nel proprio territorio allo straniero che dimostri di essere in possesso di idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno, nonché la disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno e per il ritorno nel Paese di provenienza. La dimostrazione dei mezzi di sussistenza per il soggiorno ed il ritorno nel Paese di provenienza non è richiesta per coloro che presentano domanda di ingresso per motivi di lavoro subordinato, per motivi di protezione internazionale, nonché per i ricongiunti nel caso di domanda di ricongiungimento familiare. I mezzi di sussistenza sono definiti con apposita direttiva emanata dal Ministro dell’interno, sulla base dei criteri emanati nel documento di programmazione di cui all’articolo 3, comma 1. Non è ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi tali requisiti ovvero rappresenti una minaccia concreta ed attuale per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l’Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone».
Art. 4.
(Permesso di soggiorno)
1. All’articolo 5 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole: «che siano muniti di carta di soggiorno» sono sostituite dalle seguenti: «in possesso del documento di cui all’articolo 9»; b) il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Il permesso di soggiorno deve essere richiesto per soggiorni superiori a novanta giorni, secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione, al questore della provincia in cui lo straniero si trova entro otto giorni lavorativi dal suo ingresso nel territorio dello Stato ed è rilasciato per le attività previste dal visto d’ingresso o dalle disposizioni vigenti. Il regolamento di attuazione può provvedere speciali modalità di rilascio relativamente ai soggiorni per l’esercizio delle funzioni di ministro di culto, nonché ai soggiorni in case di cura, ospedali, istituti civili e religiosi e altre convivenze.»; c) al comma 3, la lettera a) è abrogata;
d) il comma 3-bis è sostituito dal seguente:
«3-bis. La durata del permesso di soggiorno per lavoro a tempo determinato è quella indicata nel contratto di lavoro e non può comunque superare i due anni. La durata del permesso di soggiorno per lavoro stagionale non può superare i nove mesi. La durata del permesso di soggiorno per lavoro a tempo indeterminato non può superare i tre anni.»;
e) al comma 3-sexies, le parole: «due anni» sono sostituite dalle seguenti: «tre anni»; f) il comma 4 è sostituito dal seguente:
«4. Il rinnovo del permesso di soggiorno è richiesto dallo straniero al questore della provincia in cui dimora almeno trenta giorni prima della sua scadenza ed è sottoposto alla verifica delle condizioni previste per il rilascio e per il rinnovo previste dal presente testo unico. Il permesso di soggiorno per lavoro a tempo indeterminato è rinnovato per una durata uguale al doppio di quella stabilita con il rilascio iniziale. Dal momento della presentazione, nei termini previsti dal presente comma, della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno e fino al rilascio del permesso di soggiorno rinnovato, sono prorogati gli effetti e l’efficacia del permesso di soggiorno in scadenza o scaduto.»; g) il comma 4-bis è abrogato;
h) il comma 5 è sostituito dal seguente:
«5. Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili. Nell’adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, si tiene anche conto della natura e dell’effettività degli eventuali vincoli familiari dell’interessato e dell’esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese di origine, nonché per lo straniero già regolarmente presente sul territorio dello Stato, anche della durata del suo soggiorno sullo stesso.»; i) dopo il comma 6 è inserito il seguente: «6-bis. Il prefetto, qualora lo straniero non regolarmente soggiornante sul territorio dello Stato abbia messo in atto comportamenti di straordinaria rilevanza sociale e umanitaria, può chiedere al questore il rilascio di uno speciale permesso di soggiorno della durata di tre anni valido per l’accesso al mercato del lavoro e convertibile in permesso di soggiorno per lavoro»;
l) al comma 7, il primo ed il secondo periodo sono sostituiti dai seguenti: «Gli stranieri in possesso del permesso di soggiorno o titolo equipollente rilasciato dall’autorità di uno Stato appartenente all’Unione europea, valido per il soggiorno in Italia, nonché gli stranieri che abbiano fatto ingresso in Italia provenienti da uno Stato non appartenente all’Unione europea per un soggiorno non superiore ai novanta giorni, per i quali non è richiesto il permesso di soggiorno, sono tenuti a dichiarare la loro presenza al loro ingresso alla frontiera ovvero al questore con le modalità previste da apposito decreto del Ministro dell’interno».
Art. 5.
(Contratto di lavoro)
1. L’articolo 5-bis del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, è sostituito dal seguente:
«Art. 5-bis. - (Contratto di lavoro) – 1. Lo straniero che fa ingresso in Italia per motivi di lavoro è tenuto a sottoscrivere il primo contratto di lavoro in base a quanto previsto dall’articolo 22 presso lo sportello unico per l’immigrazione della provincia nella quale dimora o ha sede legale il datore di lavoro o dove ha luogo la prestazione di lavoro, secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione. 2. Il contratto di lavoro di cui al comma 1 deve contenere l’indicazione, da parte del datore di lavoro, di un alloggio per il lavoratore fornito dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria accertati dall’Azienda unità sanitaria locale competente per territorio, ovvero di un alloggio che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, nonché, oltre a quanto previsto dai contratti di categoria, la quietanza del versamento, da parte del datore di lavoro del contributo, di ammontare specificato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri annuale, da devolvere al Fondo nazionale rimpatri di cui al comma 3 ed al Fondo nazionale per l’inserimento e l’integrazione dei migranti di cui all’articolo 45.
3. È istituito, presso il Ministero dell’interno che lo gestisce, il Fondo nazionale rimpatri (FNR) destinato a finanziare i rimpatri degli stranieri non regolarmente soggiornanti sul territorio dello Stato. Il Ministero dell’interno può stipulare apposite convenzioni con organismi nazionali, internazionali o sopranazionali per l’attuazione di forme di rimpatrio assistito».
Art. 6.
(Potenziamento e coordinamentodei controlli di frontiera)
1. All’articolo 11 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 2 è sostituito dal seguente: «2. Delle parti di piano che riguardano sistemi informativi automatizzati e dei relativi contratti è data comunicazione al Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA).»; b) il comma 5-bis è abrogato.
Art. 7.
(Disposizioni controle immigrazioni clandestine)
1. All’articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, dopo il comma 3-septies è aggiunto, in fine, il seguente:
«3-opties. Allo straniero vittima dei reati previsti dal presente articolo, che aiuti concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti, per l’individuazione o la cattura di uno o più autori di reati e che non sia regolarmente soggiornante sul territorio dello Stato, può essere concesso dal questore, su proposta del prefetto, un permesso di soggiorno per ricerca di lavoro della durata di un anno».
Art. 8.
(Divieti di espulsione e di respingimento)
1. All’articolo 19 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, sono aggiunte, infine, le seguenti parole: «ovvero possa subire, per i reati commessi, la pena di morte»;
b) al comma 2, dopo la lettera d) è aggiunta la seguente:
«d-bis) degli stranieri che possano dimostrare di essere soggiornanti sul territorio dello Stato da almeno venti anni».
Art. 9.
(Determinazione dei flussi di ingresso)
1. All’articolo 21 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. L’ingresso nel territorio dello Stato per motivi di lavoro subordinato, anche stagionale, e di lavoro autonomo avviene conformemente agli indirizzi, le modalità e i limiti, anche numerici, contenuti nel documento di programmazione triennale e nei decreti di cui all’articolo 3, commi 4, 4-bis, e 4-ter. Nell’ambito del tetto numerico stabilito per il lavoro subordinato possono essere fissati limiti massimi per grandi categorie di lavoratori la cui determinazione e la cui capienza sono definite dai decreti annuali in base alle indicazioni del documento di programmazione triennale. I decreti annuali stabiliscono anche il numero delle categorie speciali di lavoratori di cui all’articolo 27, nonché i requisiti dei lavoratori autonomi ammissibili. Con tali decreti possono essere assegnate in via preferenziale quote riservate agli Stati non appartenenti all’Unione europea, con i quali il Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell’interno e il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, abbia concluso accordi finalizzati alla regolamentazione dei flussi d’ingresso e delle procedure di riammissione. Nell’ambito di tali intese possono essere definiti appositi accordi in materia di flussi per lavoro stagionale, con le corrispondenti autorità nazionali responsabili delle politiche del mercato del lavoro dei paesi di provenienza»; b) i commi 4, 4-bis e 4-ter sono sostituiti dai seguenti: «4. I decreti annuali devono tenere conto di tutti gli indicatori disponibili riguardanti la presenza straniera, la domanda e l’offerta di lavoro, le caratteristiche dei processi d’inserimento e d’integrazione, raccolti ed elaborati dall’Istat.
4-bis. Il regolamento di attuazione prevede possibili forme di collaborazione con altre strutture pubbliche e private, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio. 4-ter. Le regioni possono trasmettere, entro il 30 settembre di ogni anno, alla Presidenza del Consiglio dei ministri, un rapporto sulla presenza e sulla condizione degli immigrati extracomunitari nel territorio regionale, contenente anche le indicazioni previsionali relative ai flussi sostenibili nel triennio successivo in rapporto alla capacità di assorbimento del tessuto sociale e produttivo».
Art. 10.
(Modalità d’ingressoper i lavoratori subordinati)
1 . Dopo l’articolo 21 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, è inserito il seguente:
«Art. 21-bis. - (Modalità d’ingresso per i lavoratori subordinati) – 1. L’ingresso nel territorio dello Stato per motivi di lavoro subordinato nei limiti del tetto numerico stabilito dai decreti annuali può avvenire: a) per chiamata nominativa o numerica da parte di un datore di lavoro;
b) per ricerca di lavoro, subordinato alla prestazione di adeguata garanzia da parte di istituzioni appositamente autorizzate; c) per ricerca di lavoro, subordinato alla prestazione di adeguata garanzia individuale».
Art. 11.
(Lavoro subordinato a tempo determinatoe indeterminato)
1. All’articolo 22 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2, le lettere b), c) e d) sono abrogate;
b) al comma 4, il secondo ed il terzo periodo sono soppressi; c) al comma 11, secondo periodo, le parole «non inferiore a sei mesi» sono sostituite dalle seguenti «non inferiore ad un anno»; d) il comma 12 è sostituito dal seguente:
«12. Il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato, è punito con l’ammenda da 2.000 a 10.000 euro per ogni lavoratore impiegato. Se il fatto di cui al primo periodo è commesso da un imprenditore o un esercente attività commerciale, si applica la pena dell’arresto da tre mesi ad un anno e l’ammenda di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato. Se il fatto di cui al primo periodo è accertato con il rilevante contributo dello straniero non regolarmente soggiornante sul territorio dello Stato, occupato alle dipendenze di un imprenditore o di un esercente attività commerciale, allo straniero, valutata la sua posizione, la sua condotta, il grado di integrazione, su proposta del prefetto, può essere concesso dal questore un permesso di soggiorno per ricerca di lavoro della durata di un anno»; e) il comma 13 è sostituito dal seguente: «13. Salvo quanto previsto per i lavoratori stagionali dall’articolo 25, comma 5, in caso di rimpatrio il lavoratore extracomunitario conserva i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati e può goderne indipendentemente dalla vigenza di un accordo di reciprocità al verificarsi della maturazione dei requisiti previsti dalla normativa vigente, al raggiungimento dell’età pensionabile»; f) dopo il comma 13 è inserito il seguente: «13-bis. I contributi pensionistici versati da lavoratori stranieri che non risultino utilizzati dagli aventi diritto sono conferiti al Fondo nazionale per l’inserimento e l’integrazione dei migranti di cui all’articolo 45».
Art. 12.
(Ricerca di lavoro subordinato con prestazionedi garanzia da parte del richiedente)
1. Dopo l’articolo 22 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, è inserito il seguente:
«Art. 22-bis. - (Ricerca di lavoro subordinato con prestazione di garanzia da parte del richiedente) – 1. Lo straniero extracomunitario può fare domanda di concessione di visto per ricerca di lavoro. Il visto è concesso se sussistono i requisiti per l’ingresso, nell’ambito dei tetti numerici stabiliti, secondo le modalità indicate nei decreti di attuazione del documento programmatico e per i profili professionali indicati nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri annuale. Detto visto deve essere utilizzato entro sei mesi dalla sua attribuzione e consente di ottenere, previa iscrizione presso il centro per l’impiego, un permesso di soggiorno di sei mesi ai fini di ricerca di un lavoro subordinato. Al momento della concessione del visto, il richiedente deve dimostrare con adeguata documentazione: a) di essere in possesso di adeguate risorse per il periodo di validità del visto previste dall’articolo 4, comma 3;
b) di aver versato in apposito conto una somma infruttifera equivalente a sei mensilità della pensione sociale a titolo di garanzia; tale somma è redimibile al momento del rientro o alla sottoscrizione di un regolare contratto di lavoro.
2. Il Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale, stabilisce, con proprio decreto, le modalità per la concessione, tramite estrazione a sorte, del visto per ricerca di lavoro».
Art. 13.
(Formazione dei lavoratorinei Paesi di origine)
1. All’articolo 23 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. Nell’ambito di programmi approvati, anche su proposta delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, dal Ministero della pubblica istruzione e dal Ministero dell’università e della ricerca e realizzati anche in collaborazione con le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e altri enti locali, organizzazioni nazionali degli imprenditori e datori di lavoro e dei lavoratori, nonché organismi internazionali finalizzati al trasferimento dei lavoratori stranieri in Italia ed al loro inserimento nei settori produttivi del Paese, enti ed associazioni operanti nel settore dell’immigrazione da almeno tre anni, possono essere previste attività di istruzione e di formazione professionale nei Paesi di origine, seguite, eventualmente, da tirocinio presso aziende nel territorio dello Stato.»; b) il comma 3 è sostituito dal seguente: «3. Gli stranieri che abbiano partecipato con profitto alle attività di cui al comma 1 possono stipulare contratti di lavoro in Italia nei settori di impiego ai quali le attività si riferiscono, anche in eccedenza ai tetti numerici stabiliti dai decreti di cui all’articolo 3, commi 4, 4-bis e 4-ter»;
c) il comma 4 è abrogato. d) la rubrica è sostituita dalla seguente: (Formazione dei lavoratori nei Paesi di origine).
Art. 14.
(Ricerca di lavoro subordinato conprestazione di garanzia da parte di terzi)
1. Dopo l’articolo 23 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, è inserito il seguente:
«Art. 23-bis. - (Ricerca di lavoro subordinato con prestazione di garanzia da parte di terzi) – 1. Le associazioni imprenditoriali, sindacali e le associazioni operanti nel settore dell’immigrazione da almeno tre anni, che abbiano stipulato apposita convenzione con il Ministero della solidarietà sociale, possono garantire l’alloggio ed il mantenimento di lavoratori stranieri che intendano ricercare un lavoro subordinato nel territorio dello Stato, sulla base e nel rispetto delle condizioni stabilite dalle suddette convenzioni.
2. Allo straniero è rilasciato apposito visto, quando necessario, e apposito permesso di soggiorno per ricerca di lavoro della durata di sei mesi, convertibile in permesso di soggiorno per lavoro alla stipula, prima della scadenza del permesso di soggiorno per ricerca di lavoro, di un contratto di lavoro della durata fino ad un anno. 3. Le convenzioni di cui al comma 1 possono essere risolte unilateralmente dal Ministero della solidarietà sociale in caso di violazione da parte dei lavoratori stranieri garantiti ai sensi del presente articolo».
Art. 15.
(Lavoro stagionale)
1. All’articolo 24, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, il secondo ed il terzo periodo sono soppressi.
Art. 16.
(Ingresso e soggiorno per lavoro autonomo)
1. All’articolo 26 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
«2-bis. Lo straniero deve altresì versare al Fondo per l’inserimento e l’integrazione dei migranti di cui all’articolo 45 ed al FNR un contributo nella misura e secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale».
Art. 17.
(Ingresso per lavoro in casi particolari)
1. All’articolo 27 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1 è premesso il seguente: «01. Al di fuori degli ingressi per lavoro di cui agli articoli precedenti, e oltre ai tetti numerici di cui all’articolo 3, commi 4, 4-bis e 4-ter, sono ammessi lavoratori stranieri extracomunitari che apportino particolari contributi alla conoscenza, in particolare a quella scientifica, alle applicazioni tecnologiche, alla qualità, anche artistica, della produzione ovvero che si inseriscano in attività di particolare e riconosciuto valore sociale. I criteri per la determinazione di questi profili professionali sono indicati nel documento programmatico triennale e specificati nei decreti annuali»; b) al comma 1, l’alinea è sostituito dal seguente: «1. Il regolamento di attuazione disciplina comunque particolari modalità e termini per il rilascio delle autorizzazioni al lavoro, dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per lavoro subordinato, per ognuna delle seguenti categorie di lavoratori stranieri:».
Art. 18.
(Permesso di soggiorno ad personam)
1. Dopo l’aricolo 27 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, è inserito il seguente:
«Art. 27-bis. - (Permesso di soggiorno ad personam) – 1. Il prefetto può chiedere al questore di rilasciare un permesso di soggiorno per lavoro ad un cittadino di un paese non comunitario, non regolarmente soggiornante sul territorio dello Stato, il quale possa dimostrare di essere presente in Italia da almeno cinque anni, di avere un lavoro, di essere concretamente integrato e di non aver riportato condanne penali, né di essere stato rinviato a giudizio».
Art. 19.
(Ricongiungimento familiare)
1. All’articolo 29, comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, la lettera a) è sostituita dalla seguente:
«a) di un alloggio fornito dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria accertati dall’Azienda unità sanitaria locale competente per territorio, ovvero di un alloggio che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ovvero, nel caso di un figlio di età inferiore agli anni 14 al seguito di uno dei genitori, del consenso del titolare dell’alloggio nel quale il minore effettivamente dimorerà;».
Art. 20.
(Misure di integrazione sociale)
1. All’articolo 42 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, il comma 3 è abrogato.
Art. 21.
(Fondo nazionale per l’inserimentoe l’integrazione dei migranti)
1. All’articolo 45 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dai seguenti: «1. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è istituito il Fondo nazionale per l’inserimento e l’integrazione dei migranti (FNIIM) destinato al finanziamento delle iniziative di cui agli articoli 20, 38, 40, 42 e 46, inserite nei programmi annuali o pluriennali dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni. Al FNIIM affluiscono le somme derivanti: a) dallo stanziamento statale annuale determinato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 3, comma 4;
b) dai contributi dei datori di lavoro, sia imprese sia famiglie, di cui all’articolo 5-bis; c) dai contributi dei lavoratori autonomi di cui all’articolo 26, comma 2-bis; d) dai contributi pensionistici di cui all’articolo 22, comma 13-bis, non riscossi dai lavoratori stranieri; e) dall’ammontare delle ammende comminate ai datori di lavoro che occupano alle loro dipendenze lavoratori stranieri privi di permesso di soggiorno, di cui all’articolo 22, comma 12; f) dai contributi e donazioni o cofinanziamenti eventualmente disposti da privati, enti, organizzazioni, anche internazionali, da organismi dell’Unione europea, che sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere assegnati al predetto Fondo.
1-bis. Il FNIIM è annualmente ripartito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri interessati, tenuto conto delle proposte della Commissione di cui all’articolo 46»; b) la rubrica è sostituita dalla seguente: (Fondo nazionale per l’inserimento e l’integrazione dei migranti)».
Art. 22.
(Commissione per le politiche di integrazione e per la lotta alla discriminazione su base etnica, culturale e religiosa)
1. L’articolo 46 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, è sostituito dal seguente:
«Art. 46. - (Commissione per le politiche di integrazione e per la lotta alla discriminazione su base etnica, culturale e religiosa) – 1. Presso il Ministero della solidarietà sociale è istituita la Commissione per le politiche di integrazione e per la lotta alla discriminazione su base etnica, culturale e religiosa, di seguito denominata «Commissione». La Commissione è ritenuta organismo indispensabile per la realizzazione di obiettivi istituzionali non perseguibili attraverso l’utilizzazione di altri uffici ai sensi dell’articolo 18 della legge 28 dicenmbre 2001, n. 448.
2. La Commissione ha i seguenti compiti:
a) predisporre per il Governo, in collaborazione con le regioni e gli enti locali, nonché con i consigli territoriali di cui all’articolo 3, comma 6, anche ai fini dell’obbligo di riferire al Parlamento, il rapporto annuale sullo stato di attuazione delle politiche per l’integrazione degli immigrati e per la lotta alla discriminazione. In questo quadro, la Commissione è incaricata del monitoraggio dell’impatto della spesa pubblica, sia a livello centrale sia a livello regionale e locale, in materia di integrazione e di lotta alla discriminazione;
b) formulare proposte di interventi rispetto alle politiche di integrazione, in particolare in ambito lavorativo, scolastico, sanitario, abitativo e dell’accesso ai servizi sociali; c) elaborare annualmente, in conformità con il documento programmatico relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato di cui all’articolo 3, gli indirizzi per l’utilizzo del FNIIM che viene sottoposto entro il 30 giugno di ogni anno al Consiglio dei ministri per l’approvazione; d) promuovere e coordinare l’elaborazione di studi e ricerche sui processi e sulle politiche di integrazione degli immigrati, sugli aspetti della convivenza interetnica, sul livello e sulle forme della discriminazione su base etnica, culturale e religiosa, nonché sull’impatto delle politiche in questi ambiti; e) fornire risposta a quesiti posti dal Governo concernenti le politiche migratorie, di integrazione, di promozione della coesione sociale e di lotta alla discriminazione; f) fornire assistenza alle vittime di comportamenti discriminatori nei procedimenti intrapresi da queste ultime sia in sede amministrativa che giurisdizionale; g) promuovere autonomamente procedimenti in sede civile contro la discriminazione nei casi di cui all’articolo 43; h) svolgere inchieste al fine di verificare l’esistenza di fenomeni discriminatori nel rispetto delle prerogative dell’autorità giudiziaria; i) promuovere l’adozione di progetti di azioni positive in collaborazione con regioni, enti locali e associazioni; l) promuovere campagne di sensibilizzazione e di informazione contro la discriminazione e a sostegno del dialogo interculturale.
3. La Commissione assume i compiti assegnati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 dicembre 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 66 del 19 marzo 2004, all’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR) istituito nell’ambito del Dipartimento per i diritti e le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, che è soppresso.
4. La Commissione è composta da:
a) un Presidente, designato dal Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti i Ministri della solidarietà sociale e per i diritti e le pari opportunità. Il Presidente della Commissione deve essere persona di comprovata esperienza nelle materie di competenza della Commissione;
b) un rappresentante per ciascuno dei seguenti Ministeri: solidarietà sociale, affari esteri, interno, giustizia, lavoro e previdenza sociale, salute, diritti e pari opportunità e pubblica istruzione; c) tre rappresentanti delle regioni e degli enti locali designati dalla Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; d) un numero massimo di sette esperti, con qualificata esperienza nel campo dell’analisi sociale, giuridica ed economica dei problemi dell’immigrazione, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti i Ministri della solidarietà sociale e per i diritti e le pari opportunità.
5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono nominati i componenti la Commissione, è determinata l’organizzazione della segreteria della Commissione, costituita presso il Ministero della solidarietà sociale, e sono definiti i rimborsi ed i compensi spettanti ai membri della Commissione e agli esperti dei quali la Commissione intenda avvalersi per lo svolgimento dei propri compiti.
6. Entro i limiti dello stanziamento annuale previsto per il funzionamento della Commissione dal decreto di cui al comma 5, la Commissione può affidare l’effettuazione di studi e ricerche ad istituzioni pubbliche e private, a gruppi o a singoli ricercatori mediante convenzioni deliberate dalla Commissione e stipulate dal Presidente della medesima, e provvedere all’acquisto di pubblicazioni o materiale necessario per lo svolgimento dei propri compiti. 7. Per l’adempimento dei propri compiti la Commissione può avvalersi della collaborazione di tutte le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, degli enti pubblici, delle regioni e degli enti locali».